sabato 7 febbraio 2009

Dynasty King Desiderius

Le origini di Calvatone

Il paese di Calvatone, in provincia di Cremona presso il confine con quella di Mantova, ha una storia importante che merita di essere conosciuta. Millecinquecento anni prima di Cristo in località Dosso di Sant'Andrea esisteva un villaggio dell'età dei bronzo. Lo ha scoperto l'archeologo G. Patroni durante gli scavi da lui diretti negli anni 1919-20. In età storica arrivano i Celti. Bedriaco deriverebbe dalla loro lingua e significherebbe "castoro".
Nel 148 avanti Cristo, dopo aver sconfitto i Celti, i Romani costruiscono la Via Postumia, e intanto nel territorio della colonia romana di Cremona si sviluppa il centro di Bedriaco che sorge proprio nell'area dove la Via Postumia incrocia il fiume Oglio (a Sant'Andrea di Calvatone). La nuova cittadina romana diventa un importante e ricco centro commerciale che prospera per circa sei secoli. Quando arrivano i "barbari", che percorrono la via Postumia, gli abitanti di Bedriaco sono costretti ad abbandonare le loro case per cercare luoghi più sicuri. Allora, nel luogo dove l'anno 69 dopo Cristo c'era stato l'accampamento di Otone (Castrum Othonis), sorge un nuovo borgo: Pisserisse divenuto poi Calvatone. I longobardi governano il territorio per circa due secoli. Quando la regina TEODOLINDA si converte alla fede cattolica, i Longobardi diventano anche uomini di pace. L'ultimo loro re DESIDERIO dona una parte del territorio calvatonese al monastero bresciano di San Salvatore, poi detto di Santa Giulia.

Un diploma molto conosciuto e interessante per Calvatone
Anticamente era detto diploma il decreto di un re scritto su tavola o carta piegata in due. Quello di re Desiderio è molto noto perché reca anche le firme della regina Ansa e del figlio Adelchi. Il documento è molto interessante perché contiene una premessa di carattere religioso e un elenco di donazioni al monastero bresciano tra le quali sono comprese la corte di Pisserisse descritta con molti particolari e la regona che sta sotto fino al fiume Oglio
Significato del diploma di Desiderio
Gli storici identificano Pisserisse, o Bissarissu (come è scritto in un altro documento detto Polittico perché piegato più volte) con la località di Santa Maria in Picilesco, posta a Calvatone. Tale località, infatti, è un'altura che sovrasta la valle della Regona, e anche la denominazione di Picilesco richiama l'antico nome di Pisserisse. Risulta, quindi, che nell'anno 760 il territorio calvatonese era soggetto ai Longobardi e che una parte di esso fu donato al Monastero di San Salvatore (poi S.Giulia) fatto costruire a Brescia dallo stesso re Desiderio.
Santa Giulia
Era una giovinetta originaria di Cartagine. Dopo la distruzione della città per opera dei Vandali, fu fatta schiava e condotta in Corsica. Per non aver voluto partecipare a una festa pagana, fu flagellata e crocifissa. Lo stesso re longobardo ottenne di poter trasportare le spoglie della martire nella chiesa del monastero bresciano di San Salvatore, il quale, in onore della santa, prese poi il nome di Santa Giulia. Era un monastero femminile che apparteneva all'ordine benedettino. Ricevette molti privilegi e donazioni di terre, e mise il suo prestigio e la sua autorità al servizio dei contadini per aiutarli a bonificare e a rendere fertili i campi. Nel secolo IX era diventato uno dei più ricchi e potenti organismi economici d'Italia, dotato di 41 corti dove lavoravano circa 4000 uomini con le rispettive famiglie. Come conferma la bolla di Papa Calisto II° in data 1123, il monastero era sotto la protezione della Sede Apostolica e sottoposto alla difesa regia.
Diploma di Lotario imperatore
Era il nipote di Carlo Magno. Dopo aver istituito una commissione per verificare la regolarità e la legittimità dei possedimenti delle monache di S. Giulia, nell'anno 837 emana un decreto (o diploma) col quale l'imperatore conferma al Monastero i possedimenti di cui disponeva, elencando scrupolosamente le località dove essi erano posti. Tra queste località si trova ancora quella di Pisserisso a ovest del paese, presso il fiume Oglio.

Anno 905: il POLITTICO
Questo importante documento si chiama così perché è piegato più volte: è lungo 5,5 metri. Si tratta di un inventario particolareggiato di tutte le corti e i benefici ecclesiastici

in possesso del Monastero. Nel Polittico la corte di Pisserisse è indicata col nome di Bissarissu. Forse un errore del copista. Gli storici sono convinti che la località coincida con quella detta Pisserisse.

La corte
A quei tempi si chiamava così un'azienda agricola completa di tutti i servizi. Nel capitolare "De villis" di Carlo Magno, si spiega che la corte doveva produrre sul posto tutti gli strumenti necessari al pacifico lavoro dei campi.

INDICE dell’archivio di S.Giulia


Nella Biblioteca QUERINIANA di Brescia è conservato l’indice dell’archivio di Santa Giulia. Si tratta di quattro grossi volumi di complessive pagine 906 di grande formato (52x37 cm) scritte a mano. Vi sono elencati i documenti presenti nell'archivio del monastero a partire dalla sua origine fino al secolo millesettecento. La pagina 284 del secondo volume reca in evidenza, come titolo, il nome di Calvatone. In otto pagine sono elencati ben 114 documenti che riguardano questa località. Sono raggruppati per argomento: Chiese - Acquisti ed alienazioni - Enfiteusi Feudali - locazioni - locazione del mulino.

Le Bolle Papali
Sono decreti emanati dal papa, sotto forma di lettera, muniti di sigillo. Nell’Indice ne sono indicate sette: confermano i beni posseduti dal monastero in varie località tra cui Calvatone. Ad esempio la bolla del Papa Lucio III° del 1187 conferma a Calvatone oltre i beni anche le Chiese di Santa Giulia, Santa Maria e San Biagio.


I diplomi imperiali
Nell'indice ne sono citati due: il diploma di Lotario (di cui abbiamo già accennato) e quello di Federico I° imperatore, detto Barbarossa dell'anno 1185. Anche il Barbarossa procede prima ad un accurato controllo. Manda a Calvatone due ispettori (missi dominici), che indicono una riunione, che ha luogo, notare bene, in località detta Calvatone nello spalto accanto alla chiesa di S. Giulia. Questa precisazione ci fornisce due notizie. A Calvatone c'era un Castello ( spalto è una parola che deriva dalla lingua longobarda e significa "bastione, fortezza”, ma anche più semplicemente "torre di guardia”): stava sopra un terrazzamento, ora demolito per far posto al campo sportivo. Inoltre, la Chiesa di S. Giulia si trovava accanto al castello (dove ora c'è la scuola materna). Nella mappa settecentesca di Maria Teresa d'Austria tutto ciò è confermato, come è confermata la posizione della chiesa di S. Bernardino nell'attuale cortile dell'Oratorio.

1166 - Elenco dei contadini che lavorano le terre del monastero
In quella riunione tenuta nello "spalto", si approva l’inventario dei terreni di S. Giulia posti a Calvatone e delle persone che li detengono. Vi sono elencati i nomi di 70 contadini e, a fianco, la misura dei terreni che ognuno di loro ha in concessione.

Enfiteusi
Nel volume "Le carte cremonesi dei secoli VIII-XII° " a cura di Falcone è riportato il testo latino di uno di quei contratti di enfiteusi citati nell' "indice dell'Archivio di S. Giulia”. E' una importante testimonianza del tipo di politica agraria condotta dal Monastero. L'enfiteusi era il diritto di godere, a tempo indeterminato, di un fondo altrui, con l'obbligo di apportarvi migliorie e di corrispondere al concedente un canone in denaro o in natura. Il beneficio poteva essere trasmesso agli eredi o venduto ad altri. In questo caso si doveva ottenere il consenso del monastero. Non si poteva, però, vendere a una chiesa, o a un servo, o a un potente. Questa clausola serviva ad evitare la formazione di
latifondi e a proteggere i contadini, che così potevano lavorare tranquillamente senza il timore di essere privati del terreno.
Il feudo
Era un territorio sul quale il titolare del feudo esercitava il potere a nome del concessionario, al quale doveva fedeltà. Il primo concessionario era il sovrano. A sua volta, chi riceveva il feudo poteva cederne una parte ad altri, detti vassalli. Nell'indice dell'archivio di S.Giulia sono elencati 18 documenti di tipo feudale. Il primo dice "Ordini da osservarsi dagli abitanti di Calvatone con giuramento di quei vassalli". Si pensa che gli ordini riguardassero i vassalli che avevano concessioni a Calvatone. Seguono delle investiture di terre, ossia delle concessioni feudali.

Calvatone comune rurale
Nell'INDICE, al capitolo "Feudali", si legge "23 giugno 1275: ELEZIONI DI QUESTI COMUNALI". Nel 1221, una nota dell'INDICE indica che sono stati impartiti ordini ai Consoli riguardanti un certo notaio. Nel 1209 si dà comando al Podestà di Cremona di non ingerirsi nella causa coi Belloni, vassalli del monastero - e di non ingerirsi nella podesteria di Calvatone. Inoltre nel 1226 si dà ordine a questi vassalli di obbedire agli statuti. I documenti sopra indicati attestano che Calvatone, in quegli anni, era organizzato come COMUNE RURALE. Aveva una propria amministrazione soggetta al controllo del monastero, il quale, se occorreva, interveniva a tutelare i diritti dei calvatonesi.
Un territorio da difendere
Anno 1267. Cremonesi e bresciani litigano per il possesso dei fiume Oglio. I bresciani chiedono aiuto ai mantovani. Rolando Persico, conte di Sabbioneta, occupa Tezzole, fortezza alla confluenza del canale Delmona con l'Oglio. Respinge i primi attacchi dei mantovani e poi quello dei ghibellini di Bosio da Dovara. Intanto Francesco Cavalcabo' con i guelfi cremonesi si dirige verso Mosio, dove stanno i bresciani guidati da Martinengo, e i mantovani capitanati da Sordello visconte dì Goito. Si accende la battaglia che in parte coinvolge la regona calvatonese. Vincono i bresciani. Rimane malamente ferito Cavalcabo' in una coscia, da un dardo. (Così, in breve , dallo storico Cavitelli). Il Sanfelice e il dott. Bologni aggiungono che il Cavalcabò è portato nel Castellazzo, dove muore.
Anno 1308. I guelfi bresciani si uniscono a quelli mantovani. Partono da Asola e invadono il cremonese. Assaltano Piadena, Calvatone, S. Martino e si spingono fino a Viadana. Calvatone è saccheggiato, quasi distrutto. (Sanfelice). Tra i tanti, questi sono solo due esempi della forte litigiosità che si manifestava tra le città e i paesi a noi più vicini. Il territorio di Calvatone , per buona parte confinante con il fiume, vi si trovava spesso coinvolto. Bisognava, quindi, sorvegliare il fiume verso Acquanegra, verso l'ansa delle Bisse e verso Mosio. Secondo le informazioni date dal Sanfelice sorgevano in paese il Castello, più avanti verso est il Castelletto e verso Mosio il Castellazzo. Erano modeste rocche che si innalzavano sopra un terrapieno.

Calvatone acquista i beni del Monastero
I tempi erano cambiati. Il monastero era in crisi di identità per la perdita delle sue funzioni politiche e la decadenza dei valori morali. Doveva modificare la sua vita interna e razionalizzare le proprietà, troppo disperse. Calvatone, pur conservando l'autonomia amministrativa ed economica, dal lato politico era costretto a seguire le sorti di Cremona.
Nel 1441 i Visconti di Milano avevano dato in dote la città a Bianca Maria che andava sposa a Francesco Sforza. Cremona e, quindi, anche Calvatone, seguirono le sorti del Ducato di Milano. Nel 1535 il cremonese passò sotto il dominio spagnolo.

Due nuovi Conventi

Si racconta che verso la fine del 1400, un conte bresciano, gravemente ferito nella guerra viscontea. Facesse voto che, se la B.Vergine Onorata in località di Santa Maria l’avesse guarito le avrebbe eretto lì un grande Santuario. Ottenuta la guarigione, si industriò a far sorgere una chiesa. Accanto ad essa fu poi eretto un convento donato poi ai frati Francescani Minori Osservanti.
Fu soppresso dalla Repubblica Cisalpina nel 1798. Chiesa e Convento furono demoliti e il terreno fu venduto. Una mappa datata 12 marzo 1779 reca l'esatta denominazione del convento: RR.PP.M.O. (Reverendi Padri Minori Osservanti) di Santa Maria Celeste di Calvatone detto PICILESCO (nome che viene dall'antica Pisserisse).
A Calvatone in via S. Maria si installarono anche i frati DOMENICANI di Cremona, probabilmente nel secolo XVI°. Il convento era situato nell'attuale cascina Gorni e possedeva 887 pertiche di terreno. Fu soppresso nel 1808.

Le visite pastorali
Presso l'archivio storico diocesano di Cremona sono conservati i verbali delle visite pastorali compiute a Calvatone dal vescovo Nicolò Sfondrati , eletto poi Papa col nome di GREGORIO IV° il 5 dicembre 1590. Purtroppo morì l'anno dopo il 15 ottobre 1591. Nel volume "Visitatio Diocesis" dell'anno 1572 si trova il verbale della visita compiuta alla chiesa di San Bernardino di Calvatone, definita: parrocchiale.
Nel volume riguardante l'anno 1576, troviamo le relazioni sulle visite alle chiese di Santa Giulia e di S.Andrea. Le chiese visitate sono quattro. Manca quella di Santa Maria perché allora apparteneva ai Frati Francescani. Le chiese, dunque, erano cinque e la loro presenza ci fa supporre che la popolazione doveva essere abbastanza numerosa.

La parrocchia
Il dott. Bologni riporta l'elenco dei parroci compilato da Don Gian Franco Marcheselli che fu parroco a Calvatone dal 1824 al 1845. Le prime parrocchie comprendevano un certo numero di paesi e si chiamavano "pievi". Si diffusero in tutti i paesi all'epoca del Concilio di Trento che si tenne verso la metà del secolo XVI°. Il primo parroco di Calvatone sarebbe stato Oldogno don Ercole nell'anno 1540. A quell'epoca la chiesa parrocchiale, come abbiamo visto, era quella di S. Bernardino. A partire dalla metà del secolo XVII°, il parroco di Calvatone ricopriva l'incarico di vicario foraneo. Lo mantenne fino al tempo di Don Eugenio Morandi che venne a Calvatone nel 1895, poi tale incarico passò al parroco di Vho'. Il Vicariato di Calvatone comprendeva sette parrocchie con un totale di 15.522 anime, 34 chiese e 31 sacerdoti. San Bernardino rimase parrocchiale fino al 1859, anno in cui fu consacrata l'attuale chiesa dedicata alla "Vergine immacolata concepita" insieme con i santi "Biagio, Giulia e Bernardino" , già titolari delle antiche chiese, che col passare del tempo erano cadute in rovina.
Le dominazioni straniere
Morto Francesco Sforza, nel 1535 il cremonese subì il dominio diretto degli spagnoli, durato più di un secolo e mezzo, fino al 1711, quando il cremonese e la Lombardia passarono sotto la dominazione austriaca che cominciò con Carlo VI d'Austria. In questo periodo il feudo di Calvatone fu concesso a un comandante spagnolo, GIAN BATTISTA CASTALDI. Ne ricorda ancora il nome l'attuale "Vicolo Castaldi" . Durante il dominio austriaco, l'imperatore Carlo VI° d'Austria, con decreto in data primo agosto 1714, nominò SFORZA PICENARDI Marchese di Calvatone, riconoscendo non solo i meriti di questo discendente della nobile famiglia, ma anche il prestigio del comune di Calvatone, considerato degno dei rango di Marchesato. Durante il regno di Maria Teresa d'Austria fu compilato il catasto dei terreni e fabbricati di Calvatone, diviso in particelle numerate, ad ognuna delle quali corrispondeva il nome del proprietario. Nel 1790, mentre regnava Giuseppe II°, fu eseguito il rettifilo dei fiume Oglio e in tal modo l'ansa delle Bine restò dalla parte destra dei fiume. Durante il periodo napoleonico, Calvatone subisce il dominio francese (1796 Repubblica Francese, 1797 Repubblica Cisalpina, 1802 Repubblica Italica, 1805 Regno d'Italia). In quei tempi furono soppressi il Convento di S. Maria e quello dei Frati Agostiniani. Sconfitto Napoleone, ritornano gli austriaci (Regno Lombardo Veneto). Nel 1859, dopo la seconda guerra d'indipendenza, Calvatone è annesso al Regno di Vittorio Emanuele II°.